15 Febbraio 2021

L’ Influenza del Trauma della Nascita sul Benessere del Bambino

La premessa di questo articolo è che, sebbene il processo della nascita possa essere traumatico e stressante per il bambino, non è necessariamente il processo stesso a condurre al trauma; piuttosto è la mancanza di empatia e comprensione da parte del caregiver dell’impatto che la nascita ha sui bambini, ad impedire a questi ultimi di rilasciare completamente la carica emotiva dell’esperienza e a condurre al trauma.


Questa osservazione si basa su un lavoro di circa due decenni con neonati, bambini e adulti nella pratica clinica e sulla partecipazione prima e successivamente sulla conduzione di molti corsi e workshop mirati a scoprire le memorie della nascita attraverso esercizi di regressione esperenziale.
La coerenza di specifici movimenti corporei, risposte emotive e le esperienze riportate da adulti e bambini più grandi definiscono un enorme territorio di esperienza che possiamo campo pre e perinatale che deve ancora essere integrato nella psicologia, nella scienza e nella pubblica consapevolezza.


A causa di questa mancanza di consapevolezza i bambini si trovano a gestire da soli l’esperienza di nascita. I bambini devono sopportare il peso di questo vuoto presente nella nostra cultura che, come spero di dimostrare, è un profondo insulto alla loro integrità come esseri sensibili, emotivi e relazionali.
Durante la nascita i bambini sono sottoposti a molto stress, a causa della pressione esercitata su di loro dalle contrazioni uterine dalle ossa della pelvi materna sul cranio fetale. I bambini sperimentano un forte senso di disorientamento e dolore in vari momenti. Più a lungo i bambini sono sotto stress più è probabile che vivano tale esperienza come traumatica. Se lo stress è di breve durata i suoi effetti su di noi sono positivi. Lo stress ci mobilita all’azione. I bambini sono molto attivi nei loro processi di nascita e lo stress è un fattore naturale di motivazione. Sotto stress il sistema nervoso simpatico è attivato e rilascia ormoni dello stress quali adrenalina e noradrenalina. Sperimentiamo una situazione stressante come traumatica soltanto se la nostra soglia di tolleranza viene sopraffatta. Il trauma ci lascia ‘alterati e disconnessi dai nostri stessi corpi…ci sentiamo completamente indifesi e senza speranza1. Quando una situazione passa dall’essere stressante all’essere traumatica, veniamo letteralmente inondati di ormoni dello stress e in questo stato iper-eccitato il nostro imperativo fisiologico è la travolgente pulsione a sopravvivere.


Se il trauma è intenso o abbastanza lungo, possiamo andare in uno stato di ipo-arousal, a volte noto come shock parasimpatico. In questo stato i nostri corpi producono endorfine antidolorifiche e ci dissociamo dalla nostra stessa esperienza corporea. Ci congeliamo e immobilizziamo. Se non siamo in grado di uscire da stati di ipo o iper attivazione o da stati di stress prolungato, il nostro sistema neuroendocrino rimarrà costantemente attivato come se ci trovassimo ancora nella situazione originale di stress o trauma. Questo fa sì che rimaniamo traumatizzati. Se i livelli di attivazione si abbassano in modo che la nostra soglia di tolleranza non viene superata, allora non rimaniamo traumatizzati, anche se la situazione che abbiamo vissuto è stata traumatica.
La nascita è allo stesso tempo stressante e traumatica. A volte i bambini si potrebbero sentire come se stessero morendo, ad esempio se il loro apporto di ossigeno è interrotto quando le contrazioni comprimono il cordone ombelicale, o se il cordone è avvolto attorno al collo.
L’essere inondati di analgesici somministrati alla madre o schiacciati dalle contrazioni innaturalmente prolungate e intense prodotte da farmaci per l’aumento o l’induzione del parto, può far sentire i bambini in pericolo di vita.
Il bambino può anche sentirsi rafforzato dall’essere stato in grado di affrontare con successo lo stress e il trauma della nascita. Tuttavia questo successo non dipende semplicemente dall’essere sopravvissuti all’evento della nascita, ma dall’aver integrato l’evento della nascita in modo da trovarsi più preparati ad affrontare stati di iper o ipo attivazione. Il bambino che ha completamente integrato l’esperienza della nascita in questo modo, sviluppa un senso di rilassamento e resilienza. Questo stato è alla base di un senso di sicurezza di fondo: la sensazione di essere in grado di ‘incontrare le difficoltà e superarle’; ma i bambini non sono in grado di integrare l’esperienza della nascita da soli. Hanno bisogno del supporto empatico delle persone, idealmente dei loro genitori, che sanno a cosa sono andati incontro.

I bambini raccontano le loro storie


Secondo la psicoanalista Alice Miller “Non sono i traumi che soffriamo a farci ammalare emotivamente, ma l’incapacità di esprimere questi traumi.” Nel caso di neonati e bambini il problema non è la loro “incapacità di esprimere il trauma”, ma la nostra incapacità come genitori, educatori e professionisti di vedere, ascoltare e rispondere empaticamente a ciò che viene espresso.
Poiché i bambini non sono in grado di esprimersi con le parole, tendiamo a ignorare la loro esperienza. La scienza medica attuale rafforza questa tendenza sostenendo che i bambini non ricordano il dolore della nascita. L’esperienza clinica del lavoro con i bambini (e con adulti che accedono ai ricordi della nascita, spontaneamente, o attraverso esercizi di simulazione della nascita) ci dice che questa teoria non è solo errata, ma è di per sé traumatizzante, come lo era, in passato, la negazione dei ricordi di abuso sessuale.
I bambini portano i ricordi del dolore della nascita nei loro corpi come esperienza vissuta, che può riattivarsi dopo la nascita e per tutta la vita. Ci parlano di questo, non a parole, ma attraverso il “pianto di memoria” e il “baby body language2”. La maggior parte dei genitori e dei professionisti sono consapevoli dei diversi tipi di ‘pianto di bisogno’ con cui un bambino esprime un bisogno del momento presente, come la fame, il freddo, la noia, la stanchezza o il disagio di avere il pannolino bagnato.
La consapevolezza che il bambino possa piangere anche perché ‘ricorda’ la sua nascita è quasi totalmente assente.
Ricordiamo la nascita non come potremmo ricordare cosa abbiamo mangiato il giorno prima, si tratta di risentire nel corpo ciò che abbiamo vissuto durante l’atto del nascere. I bambini ricordano esattamente dove, durante la nascita, è stata sopraffatta la loro soglia di tolleranza. Fintanto che questa esperienza traumatica viene integrata nell’esperienza continua del sé del bambino3, il trauma ha una sua propria vita, che opera sia all’interno della psiche che nel corpo. A livello somatico il trauma si manifesta come un’iper o ipo attivazione del sistema neuro-endocrino. A un livello psichico si esprime attraverso l’espressione di emozioni forti accompagnate da temi esistenziali associati alla volontà di esistere e alla paura dell’annientamento. Il pianto di memoria tende ad esprimere tre emozioni essenziali: rabbia / ira, ansia e tristezza. Possiamo ascoltare questi temi nel tono emotivo del pianto e vederli nelle espressioni emotive che li accompagnano.
Esistano due tipologie di baby body language: baby body language ‘fisso’ e baby body language ‘attivo’.
Il baby body language fisso include i punti di contatto e le vie di contatto.

I punti di contatto sono aree di compressione createsi nei punti in cui il bambino (principalmente il cranio del bambino) si è trovato a contatto con la cervice materna o l’osso pelvico per lungo tempo. Le vie di contatto sono via di compressione create dall’essere spinti (dalle contrazioni materne) o trascinati (forcipe/ventosa/ taglio cesareo) fuori dal ventre materno in modo doloroso.
Uno degli esempi più evidenti di baby body language fisso è il cosiddetto “lato di nascita”.
Si tratta di quella parte del corpo del bambino che si trovava più vicina alla spina dorsale della madre.
Nelle ultime settimane di gravidanza e durante il travaglio questo lato del bambino, che per alcuni è il sinistro e per altri il destro, tende ad essere più compresso, specialmente in relazione al promontorio lombosacrale materno, una massa spessa di ossa situata nel punto in cui la colonna lombare incontra la pelvi.
Il lato di nascita è spesso facilmente riconoscibile osservando che il cranio in questo lato risulta più schiacciato.
L’occhio, in questo lato, è più vicino al naso e leggermente più basso dell’occhio che si trova dall’altra parte (nelle presentazioni cefaliche del feto) questo perché l’occhio è stato compresso e trascinato verso il basso mentre la testa del bambino passava sopra il promontorio lombosacrale materno. Sul lato di nascita tende inoltre ad esserci una maggior tensione e attivazione nervosa, vista la compressione dei nervi periferici.
Il baby body language attivo consiste in movimenti ripetitivi, spontanei, ma significativi, come ad esempio il toccare i punti di contatto o il tracciare le vie di contatto.
Questi movimenti sono molto specifici e rivelano esattamente dove, nel processo di nascita, il bambino si sentiva bloccato e sopraffatto. Nelle sedute di baby-therapy, i bambini spesso prenderanno la mano del terapeuta posizionandola sui punti e sulle vie di contatto. Indicheranno la pressione esatta di cui hanno bisogno per soddisfare la compressione che sentono nel corpo. I bambini, come tutti gli altri, contraggono il dolore e questa contrazione trattiene le forze di compressione nei tessuti del corpo.
Il giusto livello di pressione, insieme alla giusta risposta empatica alla “storia” del bambino, permette al corpo di rilassare la contrazione e rilasciare le forze compressive che sono state trattenute.
I bambini sanno cosa devono fare e hanno bisogno che anche noi sappiamo, così da poterli supportare.
Il baby body language e il pianto di memoria di solito coesistono come parti di un processo unitario.
Il baby body language ci mostra in quali punti del corpo è trattenuta la memoria e a quale stadio della nascita (o della vita prenatale) si riferisce questa memoria4.
Il tono emotivo del pianto di memoria, insieme alle espressioni facciali e l’emozione trasmessa attraverso gli occhi, ci dicono come il bambino ha vissuto questo evento. In questo modo i bambini ci raccontano le loro storie.
Il ruolo del terapeuta è quello di ascoltare la storia e rispecchiarla empaticamente al bambino. Ciò include rispecchiare il linguaggio del corpo e le espressioni emotive, accompagnando il tutto con la verbalizzazione di ciò che viene espresso. Ad esempio “Capisco quanto sia stata dura per te cercare di rigirarti nel bacino. È stato molto doloroso, non è vero? “o ” Sei stato bravissimo, eri vicino alla meta, quando quel forcipe ti ha afferrato e tirato fuori. ” Più precisi riusciamo ad essere nel leggere il linguaggio del corpo e sintonizzarci emotivamente con la storia di un bambino, meno è probabile che proiettiamo storie su di lui.
Durante la sessione, per la maggior parte del tempo, quando lavoriamo con i bambini e le loro famiglie, non sappiamo cosa deve accadere. È solo quando emerge con chiarezza il momento della nascita sul quale il bambino vuole lavorare che ci impegniamo con il mirroring e altri processi di supporto.
Quando i bambini percepiscono che la loro storia viene ascoltata e riceve una risposta appropriata, la sentono come un’opportunità per liberare completamente la carica emotiva associata alla memoria della nascita. Ciò significa che l’intensità dell’espressività emotiva aumenta, prima di diminuire.
Di solito il pianto di memoria viene confuso con il pianto di bisogno e il bambino viene zittito o gli viene messo in bocca il biberon o la tetta. Le intenzioni che stanno dietro questi comportamenti possono essere le migliori, ma si viene a creare una discrepanza tra l’esperienza del bambino e la risposta del mondo esterno.
All’inizio i bambini possono protestare e lottare contro tali interventi, ma dopo un po’ si arrendono e si rassegnano inevitabilmente a non essere capiti. Il presupposto è che un bambino tranquillo sia un bambino contenuto, i bambini tranquilli vengono spesso definiti “bravi bambini”. Questo può portare a quella che io chiamo “Sindrome del bravo bambino”, per cui un bambino ha imparato a diminuire il suo bisogno di espressione emotiva autentica e si è rassegnato a non essere capito.
Eppure è solo attraverso l’ascolto empatico e il rispecchiamento sintonizzato sulle emozioni che i bambini sono in grado di liberare la carica emotiva associata al trauma della nascita e abbassare lo stato di attivazione neuro-endocrina. Immagina questo scenario. Hai avuto una giornata molto stressante al lavoro, forse il tuo capo o un cliente sono stati molto aggressivi nei tuoi confronti. Ti senti agitato e turbato e quando arrivi a casa provi a dire come ti senti al tuo partner. Il tuo partner, invece di ascoltare, ti dice: “shhh, va tutto bene, tu stai bene” o ti ficca in mano un panino dicendoti: “devi essere affamato, ecco il problema”. Invece di calmarti, tu, inizialmente ti arrabbierai, ma dopo un po’ rinuncerai all’idea di essere ascoltato.
Ti rassegnerai all’idea di non essere capito. Immagina ora un altro scenario: il tuo partner ti ascolta davvero ed è profondamente empatico nei confronti di ciò che senti. Mentre racconti la tua storia ti senti attraversato dalle emozioni, potresti piangere o sentire una gran rabbia. In seguito però ti sentirai calmo e rilassato, pervaso dalla soddisfazione di essere stato ascoltato e compreso. Per i bambini è lo stesso. Quando sentono che ascoltiamo profondamente, raccontano la loro storia in modo più completo. Il pianto di memoria spesso diventa più forte, ma è il rilascio dell’esperienza traumatica, non un lamento che dipende dal non essere stato ascoltato. La qualità di questo pianto è molto diversa. Non è sempre facile per i genitori (o addirittura per molti terapeuti) tollerare l’intensità del pianto di memoria o fidarsi pienamente del suo valore terapeutico. Per la maggior parte dei genitori il pianto di memoria e il baby body language sono concetti nuovi verso i quali possono essere comprensibilmente scettici.
I traumi di nascita non risolti e l’esperienza di non essere stati ascoltati degli stessi genitori verranno a galla durante il lavoro, per questo potrebbero mal sopportare di sentire il dolore dei loro bambini.
Educare i genitori a capire il valore del pianto della memoria li aiuta a fidarsi del processo e a sviluppare empatia sia per il loro bambino, che per se stessi. Lavorare con la capacità dei genitori di tollerare l’intensità emotiva del pianto di memoria, invece di forzare questa capacità, crea un contesto sicuro in cui le storie di nascita dei bambini sono in grado di svolgersi e il trauma può risolversi. Una volta che la storia è stata ascoltata empaticamente, il baby body language e il pianto di memoria diminuiscono notevolmente e per lo più scompaiono, poiché il processo in cui il bambino si è sentito bloccato viene risolto e portato a compimento.
Questo permette ai bambini di passare da uno stato di trauma a uno stato di resilienza.

Sintonizzazione Emotiva: Neuroni Specchio e Campi Elettromagnetici del Cuore.


I bambini sentono quando siamo emotivamente in sintonia con la loro esperienza e quando non lo siamo. Più diventiamo consapevoli delle nostre esperienze prenatali e di nascita e risolviamo il nostro trauma, più possiamo essere presenti ed empatici verso di loro. Non possiamo supportare i bambini solo su una base teorica. Il lavoro di sostegno dei bambini ci richiede di affrontare e lavorare sul nostro dolore emotivo scisso e rinnegato, prima di poter autenticamente empatizzare con le loro storie.
I bambini sono spesso in una maggiore sintonia emotiva con noi di quanto noi lo siamo con loro.
Ciò è in gran parte dovuto al modo in cui siamo stati educati a scavalcare il nostro sé istintuale e intuitivo, ed essere invece governati da teorie educative astratte. Così facendo abbiamo zittito i nostri sensi, mentre i sensi dei bambini sono molto aperti e la loro esperienza corporea riconosce in ogni momento se siamo sintonizzati emotivamente con loro.

Abbiamo ancora molto da imparare sui ‘meccanismi’ attraverso i quali i bambini si sintonizzano cogliendo le sfumature della relazione.
Recenti scoperte nel campo delle neuroscienze e dell’elettrocardiografia possono darci qualche indizio. La presenza di “neuroni specchio” è stata scoperta negli anni ’90 da ricercatori che studiavano scimmie rhesus. Si pensa che i neuroni specchio siano neuroni che si attivano osservando le azioni e le espressioni di un’altra persona. Il sistema dei neuroni specchio ha quindi un ruolo attivo nella nostra capacità di empatizzare con gli altri. È attraverso il sistema dei neuroni specchio che i bambini sono in grado di imitare le espressioni facciali degli altri5.
Un esempio si osserva quando il bambino imita l’adulto che tira fuori la lingua.
Questi neuroni specchio potrebbero essere ‘specchi a due direzioni’ per cui quando il baby body language e le espressioni del bambino vengono rispecchiate, loro sentono che siamo emotivamente sintonizzati ed empatici con l’esperienza che stanno vivendo. L’esperienza clinica mostra che i bambini sanno quando siamo e quando non siamo in sintonia emotiva con loro. I neuroni specchio potrebbero essere uno solo uno dei mezzi con cui sono in grado di rilevarlo.

Un altro possibile mezzo attraverso il quale i bambini sembrano leggere le nostre menti potrebbe essere il campo elettromagnetico del cuore. Le letture dell’elettrocardiogramma (ECG) rivelano che il campo elettromagnetico del cuore è molto più grande più potente del campo elettromagnetico del cervello6. Ci sono tre campi separati del cuore, corrispondenti alle 3 fasi del cuore, sono stati rilevati dall’ECG: Il primo si estende solo a breve distanza dal cuore. Il secondo e il più forte di questi campi si estende per circa un metro. Il terzo raggiunge tra i 4 e i 5 metri. Si ritiene che esistano anche altri campi più vasti. Questi campi interagiscono tra loro e con gli altri campi del cuore intorno a noi. Il campo del cuore della famiglia di un bambino forma una dinamica di gestalt interattiva in cui i bambini sono emotivamente e attivamente coinvolti. L’interazione del campo cardiaco di una madre e del suo bambino sono particolarmente importanti e più fortemente attivi alla frequenza del campo che si estende fino a un metro.

L’interazione relazionale dei campi del cuore inizia prima della nascita, addirittura prima che il vero cuore prenatale abbia cominciato a formarsi:

Il campo elettromagnetico (EM) del cuore è una forza primaria nel nostro sviluppo individuale. Nel nostro sviluppo embrionale e fetale le cellule di quello che diventerà il nostro cuore sono alcune delle prime a formarsi. Il cuore dell’embrione genera un campo elettromagnetico pulsante che circonda l’intero embrione in via di sviluppo ben prima di iniziare a funzionare come una pompa. Attraverso lo sviluppo embrionale e fetale il campo energetico del cuore è stabilizzato dal campo del cuore della madre e i due campi del cuore lasciano un’impronta l’uno nell’altro. 7
Il campo del cuore della madre riflette il suo stato emotivo. Onde coerenti compaiono quando sentiamo l’amore, la gioia, la cura e altre emozioni positive. Queste ampie frequenze coerenti risuonano e si legano con altre frequenze coerenti nell’ambiente. Ciò rafforza la coerenza e i campi interattivi del cuore di un campo relazionale coerente creano una tenuta energetica stabile all’interno della quale i bambini si sentono sicuri e riconosciuti.
Se i genitori, e in particolare le madri, sperimentano emozioni negative come paura, frustrazione o dolore, la frequenza del campo elettromagnetico diventa incoerente. Le onde incoerenti non si irradiano verso l’ambiente allo stesso modo delle onde coerenti. Non possono sincronizzarsi con altre onde, il che le rende incoerenti. Poiché queste frequenze inibiscono la capacità di interagire con altri campi del cuore in modo coerente, i bambini ei loro genitori si sentono isolati e non sincronizzati gli uni con gli altri. Se il bambino sta vivendo uno stato d’incoerenza, il cuore della madre può aiutare il cuore del bambino a ristabilire la coerenza.
Il cuore della madre si sintonizza con quello del bambino e le sue frequenze coerenti portano il bambino fuori da questo stato d’incoerenza. Questa sincronizzazione avviene quando le frequenze del cuore materno coincidono con quella del bambino. Questa sincronia equivale a una sintonizzazione emotiva empatica ed è un fenomeno misurabile.
Coerenza e sincronia mantengono nel bambino un senso di legame e sicurezza.

Dissonanza e Attaccamento


Quando il pianto di memoria è inconsolabile crea molta angoscia e frustrazione nei genitori che stanno cercando di fare del loro meglio. Dal momento che i genitori rispondono al pianto di memoria come se fosse un pianto di bisogno l’angoscia del bambino cresce. Questo a sua volta genera angoscia e frustrazione da parte dei genitori. In questo scenario non è la coerenza del campo del cuore dei genitori a far uscire il bambino dall’incoerenza, ma al contrario il campo del cuore incoerente del bambino porta il campo del cuore dei genitori nell’incoerenza. Per genitori e bambino un circolo vizioso di stress e frustrazione diventa la norma. È difficile in questa condizione trovare piacere, conforto o senso nella relazione. La famiglia opera ad un livello di sopravvivenza piuttosto che di prosperità. Lo stress dei genitori si nutre di sensi di colpa e un senso di fallimento. L’umore crolla. Il campo relazionale è pervaso dallo shock e dalla disperazione. In questo contesto la dissonanza è data dall’assenza di una risonanza emozionale, questo rende impossibile sintonizzarsi ad un livello empatico.

La dissonanza sconvolge il legame e l’attaccamento, interrompendo quello che è noto come il ciclo di attaccamento del primo anno. Questo ciclo inizia quando un bambino sente un bisogno. Quando i bambini non sono in grado di soddisfare da soli i propri bisogni il loro sistema simpatico si attiva. Se il bisogno è gratificato, il bambino si sente sollevato e si rilassa. La ripetizione di questa esperienza crea una base di fiducia nelle relazioni e nel mondo visti come luoghi in cui i bisogni vengono soddisfatti.
Un esempio di questo si può osservare quando il bambino ha fame, piange e viene nutrito. La sazietà porta il bambino a rilassarsi. Se il bisogno non viene soddisfatto, il bambino diventa sempre più angosciato e sopraffatto. Se questa condizione perdura abbastanza a lungo, il bambino cade in uno stato di rassegnazione e perde la fiducia nella relazione e nel mondo circostante. Né la relazione, né il mondo sono più percepiti come sicuri.
Come abbiamo visto in precedenza, il mirroring empatico delle storie dei bambini è anch’esso un bisogno primario e, nella misura in cui viene soddisfatto, il ciclo di attaccamento ne risulta rafforzato rafforzato. Se, al contrario questo bisogno non viene soddisfatto, il ciclo di attaccamento risulterà rinforzato negativamente. In quest’ultimo caso le espressioni emotive del bambino appaiono come incoerenti agli occhi del genitore e vice versa. Il bambino vive il mondo come un luogo dove niente è sicuro o affidabile. Quando i genitori capiscono che le espressioni emotive e il linguaggio corporeo del bambino non sono casuali, ma intelligenti e significative possono apprezzare i propri bambini ad un livello più profondo. I bambini sentono quando questo avviene e diventano più centrati poiché si fidano delle proprie sensazioni interne e della risposta coerente e significativa dell’ambiente.
Il bambino che si trova in un campo relazionale coerente è in grado di rilassarsi più profondamente nel qui e ora.
Il senso di presenza è maggiore poiché il bambino non è coinvolto in un trauma del passato o sommerso da ormoni dello stress per i quali sente che l’unica via possibile è la dissociazione. Un campo del cuore coerente supporta la crescita dei lobi prefrontali. Queste strutture neurali ci permettono di regolare le reazioni emotive e controllare gli impulsi e le risposte dettate dal bisogno di sopravvivere. Lobi pre frontali ben sviluppati sono essenziali per la nostra capacità di regolare lo stress. Il senso di stabilità e sicurezza che i bambini sentono e che si stabilisce nella loro neurologia, informa e supporta tutti gli stadi successivi di legame durante il resto della vita.

Gli Effetti del Trauma della Nascita Irrisolto

Come abbiamo visto il trauma della nascita irrisolto porta con sé numerose conseguenze che aggravano il trauma originale e aumentano la possibilità di essere traumatizzati.
Nel breve periodo questi cicli a spirale di stress portano a un pianto inconsolabile (nella misura in cui la vera causa del pianto non viene riconosciuta e non riceve una risposta adeguata), problemi dell’alimentazione, frustrazione e disturbi del sonno. Questi problemi, a loro volta, vanno a intaccare il legame e l’attaccamento, portando a un senso di ansia esistenziale e terrore in quanto i bambini sentono di non trovarsi in un campo relazionale sicuro e coerente. Quando l’esperienza interna e il pianto di memoria del bambino non vengono accolti in modo significativo dai caregivers questo aumenta il senso frustrazione e smarrimento. Per evitare un ambiente incoerente e dissonante il bambino si chiude in se stesso.
Possono anche provare disagio e dolore a causa delle forze di compressione ancora presenti nei tessuti del corpo. Questo dolore si unisce a quello emotivo legato alla nascita in sé e al mancato riconoscimento e alla mancata empatia riguardo la propria storia di nascita.
Tutto questo nel corso della vita porterà a quello che io chiamo Super Conductive Survival Systems. Il Super Conductive Survival Systems è un insieme di risposte a uno stimolo stressante del presente che ricorda il trauma prenatale o di nascita.
È un sistema nel senso che ha una vita propria e dirotta la nostra consapevolezza e capacità responsiva. Si basa sulla sopravvivenza ed evoca comportamenti che ci hanno aiutati a sopravvivere quando abbiamo incontrato il trauma per la prima volta.
È superconduttore nel senso che conduce energie basate sul trauma (bioelettriche e biochimiche) allo stesso modo in cui l’acqua e il metallo conducono l’elettricità. Il super conductive survival system è caratterizzato da:
• attivazione di vie neurali dense.
• corpo inondato da neuroni dello stress che causano uno stato di ipo o iper arousal.
• consapevolezza e risorse diminuiscono perché siamo controllati da strategie primitive di sopravvivenza piuttosto che ispirati da scelte creative.
• comportamenti inappropriati, come rabbia, paura (reazioni da ipo attivazione come attacco/fuga) o terrore/dissocazione (reazione di freeze da ipo attivazione).
• Percezione distorta- percepiamo una minaccia dove non c’è.
• Credenze auto-limitanti, come “Non posso farlo” o “Non gestisco mai bene questo tipo di situazioni”.
Lo scenario che segue è un esempio di Super Conductive Survival System che potrebbe essere associato a una persona nata con il forcipe.
La persona in questione non riesce a portare a termine un progetto e qualcuno si offre di aiutarlo.
Questo è lo stimolo stressante che fa da eco al trauma precedente. L’offerta di aiuto è percepita come dolorosa, invasiva e manipolatoria (percezione distorta) come lo era il forcipe. La persona attivata si arrabbia e grida contro a chi le offre aiuto (comportamento inappropriato). Il sistema limbico si altera e la produzione di adrenalina aumenta (attivazione delle reti neurali e inondazione di ormoni dello stress).
Il sistema limbico sovrastimolato e gli sbalzi adrenalinici allentano la consapevolezza. (diminuzione della consapevolezza e delle risorse)
La risposta fisiologica è la stessa che il bambino ha vissuto con il forcipe.
Questo potrebbe portare a un senso di vergogna e a pensare ‘non sono una bella persona da avere intorno’ (pensiero auto-limitante1) e più inconsapevolmente al pensiero ‘essere aiutati non è una cosa buona’ (pensiero auto-limitante 2) Si tratta di un esempio molto generico, non tutti i bambini nati con il forcipe avranno la stessa reazione davanti questo scenario.

Sommario


La negazione dei vissuti stressanti e dolorosi che avvengono nel processo di nascita porta a non affrontare in modo adeguato questi problemi nei primi periodi di vita del bambino. Il pianto di memoria e il baby body language sono i due strumenti utilizzati dai bambini per comunicare in modo specifico la loro esperienza di nascita.
A causa di ciò i bambini non ricevono il sostegno empatico di cui hanno bisogno per risolvere i propri traumi di nascita e si trovano a dover gestire da soli queste dolorose esperienze. Questo fa sì che si instauri un circolo vizioso di stress nel quale l’attaccamento e il legame con i genitori vengono messi in difficoltà, che porta alla formazione del super conductive survival system, che mina l’autostima e il benessere nel corso della vita.
Si potrebbe dire ancora molto sulle conseguenze psicologiche e fisiologiche di un trauma della nascita irrisolto. In questo articolo mi sono concentrato sulle conseguenze relazionali che porta con sé la mancanza di ascolto del modo in cui i bambini trasmettono le storie sulla propria nascita, e su come questa mancanza rafforzi il trauma e porti a ulteriori traumi piuttosto che a soluzioni o a uno sviluppo della resilienza. Mentre scrivo mi rendo conto che sebbene questo lavoro con il pianto di memoria e il baby body language venga insegnato da tempo sono ancora pochi i practitioners che lavorano seguendo questa conoscenza.
La mia opinione tuttavia è che dobbiamo lavorare sul lungo termine e solo se diventiamo consapevoli di questa mancanza possiamo iniziare ad affrontarla con mezzi terapeutici ed educativi.

Copyright – Matthew Appleton 2014

NOTE

1 Levine, Peter & Kline, Maggie. Trauma Through A Child’ North Atlantic Books. 2007. p. 4

2 Sono molto in debito a Karlon Terry, fondatore dell’Istituto di Pre e Perinatale per avermi introdotto a questa definizione e avermi insegnato a vedere e sentire i bambini con maggior chiarezza.

3 Utilizzo qui il termine ‘sé’ per indicare un continuum di esperienza incarnata, piuttosto che l’ego più formato che emerge da questa esperienza incarnata. Utilizzando una più esatta prospettiva ontologica potremmo usare il termine “essere”, piuttosto che “sé”. Ma poiché il fondamento dinamico del nostro essere-natura è il fondamento vivente da cui il senso dell’ego si forma, io uso il termine “sé” come una struttura psicologica emergente, piuttosto che completamente formata.

4 Una conoscenza dei diversi stadi della nascita guardata attraverso la prospettiva del bambino ci mette in grado di incontrare i siti e le vie di contatto a diverse pressioni esercitate durante l’attraversamento del canale del parto nella fase iniziale, mediana, o finale. Il baby body language si può riferire anche a esperienze prenatali o a procedure postnatali. E’ un linguaggio molto specifico e allo stesso tempo universale sebbene rifletta i diversi contesti culturali.


5 Murray, Lynne. The Psychology of Babies. How relationships support development from birth to 5 two.’ Robinson. 2014. p. 8-9.


6 Childre, Doc, Martin, Howard & Beech, Donna. The HeartMath Solution. HarperOne. 1999 Russell, Linda G. and G. E. Schwartz. ‘Energy Cardiology: A Dynamical Energy Systems Approach

7 For Integrating Conventional and Alternative Medicine’. Journal of Mind-Body Health. 12:4. 1996




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