16 Novembre 2023

RE-PATTERNING

RE-PATTERNING

Alla fine di un seminario di ricerca sul proprio processo personale prenatale o di nascita dedichiamo sempre un momento al re-patterning. In questo articolo ho trascritto una lezione molto bella che Matthew Appleton ha tenuto nel seminario sul template dello sperm in Italia e che ci aiuta a comprendere meglio il senso di questo processo di riscrittura delle nostre storie fondative.

Il re-patterning non è un rapido aggiustamento, mettere a posto le cose come in una sorta di pensiero positivo. E’ piuttosto il piantare un seme di possibilità, il mettere un’intenzione verso qualcosa di nuovo che vogliamo realizzare. Questo processo ha senso solo dopo una ricerca sulle nostre impronte precoci, su come è stato per noi quando eravamo piccoli e vulnerabili, quando abbiamo dovuto adattarci alle condizioni nel modo migliore possibile.

Le impronte precoci sono le storie con cui abbiamo imparato a vivere. Per larga parte sono inconsce e, allo stesso tempo, sono le fondamenta attraverso cui abbiamo esperienza di noi stessi e del mondo.

Quando ho iniziato il mio lavoro con i bebè una cosa che mi ha colpito molto è stato come questi cercassero di raccontare la loro storia. Ovviamente non attraverso le parole, ma attraverso il linguaggio del corpo. Loro parlavano con i gesti e smorfie che esprimevano delle emozioni molto chiare. I bebè mostrano la loro storia. Quando nella terapia entriamo in empatia con questa, qualcosa può lasciarsi andare. Quando il bebè sente che lo capisci, sente la tua attenzione alla sua storia, può uscire dalla sua ricorsività e aprirsi a una forma più libera. Lo stesso succede a noi adulti: incontrare la storia ci permette di riscriverla.

Qual è la natura delle storie? Danno significato alla nostra vita e la possibilità di comunicare con gli altri. Ci sono alcuni approcci terapeutici che sostengono: non ti devi focalizzare sulla storia. Questo a mio parere è uno sminuire la sua importanza.

Ci sono due tipi di storie: quelle vive e quelle morte. Una storia morta è quella in cui ci sentiamo intrappolati. Un po’ come per una mosca imprigionata dentro una bottiglia. La storia sembra solida come le pareti della bottiglia contro cui la mosca continua a sbattere. Il pattern ci rappresenta: questo sono io. E per confermare il nostro io facciamo in modo che gli altri giochino un ruolo. Lo facciamo tutti perché siamo umani, perché siamo identificati con le nostre storie.

Quelle formative sono le fondamenta su cui costruiamo tutto il resto.

Proprio per questa identificazione quando iniziamo a smuovere una nostra storia potremmo sentirci confusi e disorientati. Fa paura ammorbidirla soprattutto se è delle origini. Una delle fondamenta. Con il nostro lavoro non vogliamo cancellarle. Ma come facciamo a trasformare una storia morta in una storia viva? Come trasformiamo un sistema chiuso in uno aperto? In natura esistono solo sistemi aperti, non funzionano mai in modo meccanico riperpetuando sempre lo stesso schema come in un ingranaggio. Il repatterning è creare una apertura in una storia morta, permette alla vita di entrarci dentro.

In una ricerca sulle impronte prenatali abbiamo scoperto come è stato allora. Un’impronta si svela perché è ancora attiva in noi. La invitiamo nello spazio per poterla vedere. Nella vita quotidiana, al contrario, essa agisce in modo inconscio: non riusciamo a vederla. Con il re-patterning riconosciamo che nell’adesso abbiamo possibilità che non avevamo quando eravamo uno sperma, un embrione o una blastocisti. Allora non potevamo mantenere una casa o un lavoro. Creiamo nuove possibilità perché non siamo più così piccoli e vulnerabili.

Il re-patterning è il creare una storia in un modo diverso sentendola nel corpo. E’ l’embodiment di un nuova possibilità. Non si tratta di una fantasia, ma di riconoscere che come adulto posso vivere una data situazione in un modo diverso. Per esempio: ho sentito che quando mi sono incarnato non c’era nessuno lì per me. Come posso ora incarnare il fatto che adesso c’è qualcuno per me? Se ho sentito che c’era qualcosa di disgustoso che mi arrivava dalle generazioni che mi hanno preceduto, come posso ridare indietro quello schifo? Se ho abbandonato pezzi di me stesso, come posso ritrovarli?

Nel processo dobbiamo stabilire un’intenzione. Se vogliamo un cambiamento è necessario mettere un’intenzione in positivo. E scegliere un piccolo pezzo della storia, una piccola parte. Il tema su cui vogliamo lavorare non può essere troppo vasto, non possiamo cambiare tutte le fondamenta in una volta! Poi giochiamo. Giochiamo come fanno i bambini che giocano per davvero. Costruiscono mondi e personaggi immaginari. Anche le nostre storie sono mondi immaginari che possiamo modificare con la creatività del gioco. Quando incarniamo qualcosa di diverso questo parla alle nostre cellule, torna al corpo. Il corpo è una storia, lo è la postura, il respiro. Il respiro che facciamo adesso porta con sé il respiro della prima cellula, il primo respiro alla nascita.

Le storie che ci fanno sentire senza valore ci sono servite, ma quando le vediamo siamo già fuori dalla bottiglia. Portare consapevolezza al pattern è la medicina. Allo stesso tempo è naturale ritrovarsi dentro quella storia anche se la conosciamo già, ritrovarsi dentro al solito pattern che ci fa sentire senza valore.  Questo si ripeterà tante altre volte. Per tanto tempo mi sono svegliato di notte con la sensazione di aver fatto qualcosa di sbagliato e di terribile. La storia era: devi farti piccolo perché il mondo è ostile, sei senza valore, devi nasconderti. Mi sono preso cura di questa storia come un genitore tiene un bambino. Ho parlato con quella storia: ti vedo, vedo che hai paura. Il seme della nuova possibilità va innaffiato. C’è una legge segreta dell’universo: nei mesi successivi a un seminario l’universo farà tutto il possibile per farti vedere i pattern che sono emersi. Potremmo lamentarci e dire che è terribile. Oppure ringraziare l’universo per averceli ricordati per darci la possibilità di prenderci cura e dare acqua a quel nuovo seme. (A cura di Rosella Denicolò)

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