31 Ottobre 2018

Pianto di bisogno o pianto di memoria?

Un neonato piange. Cosa sta esprimendo? Ha fame, è stanco, oppure sente qualcosa che risuona con il viaggio della sua nascita? Ci sta parlando di un bisogno o di una memoria? L’Integrative Baby Therapy Training inizialmente aveva individuato questi due tipi di pianto. Poi la pratica clinica ha fatto emergere una terza tipologia. Un pianto disperato che ha a che fare con il campo della famiglia. In questo articolo Matthew Appleton ce li illustra.

Una delle competenze più utili che ho imparato studiando con da Karlton Terry è il saper distinguere tra un pianto che esprime un bisogno e un pianto che esprime una memoria. Il primo ci parla dell’essere affamati, scomodi, sovra o sotto stimolati, stanchi. Quando questi bisogni di base vengono soddisfatti il pianto si interrompe e il bambino si calma. Il pianto che esprime una memoria avviene invece quando il bambino ha sensazioni e immagini che sono relative alle sue esperienze precedenti, come i momenti durante la nascita in cui si è sentito sopraffatto.

Questo tipo di pianto è associato a movimenti ripetitivi del corpo conosciuti come Baby Body Language. Gesti come un pedalare frenetico delle gambe, lo sfregamento ripetuto di una zona della testa, il tirare le orecchie ripetutamente, l’arcuare la schiena o il girare la testa da un lato all’altro in un movimento a zig-zag.

Questi movimenti esprimono spesso un impulso che è stato bloccato, come il tentativo di spingere attraverso il canale del parto inibito da un anestetico arrivato attraverso il cordone ombelicale. Possono indicare, per esempio, una zona del cranio che è stata compressa dalle ossa del bacino della madre o un momento della nascita in cui il bambino si è sentito disorientato e perduto. Ci sono momenti, durante il processo di nascita, in cui il bambino non sa se riuscirà a sopravvivere: una pressione troppo intensa lo schiaccia, gli ormoni dello stress o i farmaci lo invadono. Si tratta di esperienze molto intense che vengono espresse con un pianto intriso di emozione: rabbia, panico, tristezza, disorientamento.

I bambini si sentono zittiti quando un pianto di memoria viene accolto come se fosse un pianto di bisogno e dopo innumerevoli tentativi rinunciano ad ottenere ascolto, rinunciano a una risposta empatica. Questa rinuncia spesso viene spesso scambiata per contentezza perché il bambino appare calmo e buono. Immaginate questa scena. Mentre torni a casa un uomo si avvicina e ti spinge in un vicolo. Minaccia di farti del male se non gli dai i tuoi soldi. Gli dai tutto quello che hai in tasca, lui ti spinge e ti fa cadere. Spaventata e disorientata lentamente ti rialzi, ti guardi intorno per vedere se è andato via. Inizi a tremare, ma il tuo primo pensiero è di metterti in salvo. Quindi ti rimetti insieme in qualche modo per tornare a casa. Quando arrivi alla porta di casa vedi il tuo partner che ti viene incontro. I tuoi sentimenti iniziano a sgorgare e cominci a tremare e a piangere. Ciò di cui hai più bisogno in quel momento è di raccontare la tua storia e avere qualcuno che la ascolti. Immagina che invece di ascoltarti il tuo partner ti dica ‘shhhh’ e ti infili una nocciolina in bocca. Se questo succede più volte, rinuncerai a cercare di raccontare la tua storia. Inizialmente ti sentirai furiosa, ma col tempo, ti rassegnerai. In superficie sembrerai molto calma, ma sotto sotto ci sarà una grande quantità di stress e risentimento.

I bambini vivono una situazione analoga quando vengono messi continuamente a tacere. Dove l’analogia non regge è che, come adulti, saremmo considerati ridicolmente insensibili a misconoscere il segnale di un partner che sta esprimendo angoscia dopo aver vissuto una situazione drammatica. Come genitori siamo spesso confusi di fronte al pianto del nostro figlio e non sappiamo come rispondere. Ci hanno insegnato che i bambini piangono perché hanno fame, freddo, o perché vogliono essere cambiati. Non ci è mai stato detto che è importante parlare con i bambini dei traumi che hanno incontrato e che un ascolto empatico poteva aiutarli a lasciare andare quello stress. Karlton Terry ha sottolineato il valore dell’ empatia accurata: rispecchiare i movimenti del corpo, riconoscere  ciò che stai vedendo e sentendo nell’espressione bambino. Potremmo dirgli per esempio: “Sembri molto triste”, oppure: “Posso sentire quanto sei arrabbiato”. I bimbi sentono quando li stai incontrando con un’ empatia accurata. Il baby body language è una lingua esatta e, attraverso lo studio e un training appropriato, è possibile identificare con precisione lo stadio del processo di nascita di cui il bambino ci sta parlando.

Il terzo tipo di pianto che ho individuato dopo anni di lavoro con i bambini è il pianto di dissonanza. Di tratta sempre di un pianto di bisogno ma relativo a una incoerenza o a una frattura del campo di relazione dovuta a shock irrisolti dei genitori, una mancanza di sintonizzazione emozionale tra i genitori e il bebè, a un conflitto irrisolto, o ad  aspettative non realistiche su se stessi come genitori. Il pianto dissonante non sempre è accompagnato dal baby body language ed è generalmente inconsolabile. Un bisogno primario del bambino è infatti di sentirsi al sicuro in un campo di relazione coerente. I bebè sono molto sensibili al campo e non riescono a rilassarsi quando questo esprime dissonanza e incoerenza. Il pianto sembra girare a vuoto, senza andare da nessuna parte, magari per un po’ il bambino si calma, poi, improvvisamente, inizia di nuovo a piangere. In questo caso è essenziale individuare il disturbo nel campo e guardare insieme ai genitori al modo per supportare la coerenza.

Aiutare i genitori a distinguere tra un pianto che esprime un bisogno da quello che esprime una memoria è uno dei fattori più importanti nel lavoro con i bambini. E’ faticoso per i genitori ascoltare la storia dei propri figli perché li rende consapevoli di quanto sia stato doloroso il processo di nascita per il loro bambino. Ma è proprio attraverso l’ascolto e il riconoscimento del dolore, che il bambino può completare e superare quel vissuto. L’ho visto così tante volte nella pratica clinica che non nutro più dubbi in proposito. Quando il bambino rilascia lo stress, il suo corpo diventa più morbido e vitale. Molti sintomi come le coliche, che sono spesso l’espressione di un pianto di memoria, scompaiono appena il trauma sottostante si risolve. Comportamenti ripetitivi e movimenti frenetici e ossessivi non vengono più espressi. Aiutare i genitori a leggere il pianto e le nuances emozionali del bambino risveglia una nuova consapevolezza dell’innata saggezza dei propri figli e molto di ciò che sembrava incomprensibile acquista finalmente un senso. 

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